La Polonia e l’Italia hanno sempre avuto dei legami molto stretti, fin dalla nascita stessa dello Stato polacco nel X secolo e dalla scelta allora operata del cristianesimo occidentale. Il latino divenne lingua ufficiale dello stato e l'Italia meta di pellegrinaggi e studi. Nel Rinascimento i contatti con l’Italia raggiunsero il loro apice e numerosi letterati, architetti, artisti italiani prestarono la loro opera alla corte reale di Cracovia e alle varie corti aristocratiche. Le università italiane esercitarono una forte attrattiva su tanti giovani polacchi. Ben 12 rettori dell’Università di Bologna furono di nazionalità polacca. Tra i numerosi giovani della Natio Polona che frequentarono gli atenei italiani figurano, tra gli altri, Nicolò Copernico (1473-1543), il poeta rinascimentale Jan Kochanowski (1530-1584) e Maciej Sarbiewski (1595-1640), considerato uno dei massimi poeti in lingua latina nell’Europa barocca. Bona Sforza (1494-1557), figlia di Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano e duchessa di Bari divenne moglie del re di Polonia, Sigismondo I (1467- 1548), e regina di Polonia. Importò così le idee e lo spirito umanistico e rinascimentale favorendo la diffusione dell’arte, dei costumi e della cucina italiani. Grazie alla sua presenza a Cracovia le relazioni tra Polonia e Italia divennero sempre più intense. Dopo le spartizioni della Polonia del XVIII secolo, le speranze dei patrioti polacchi si incentrarono su Napoleone. Nel 1797 furono create in Italia le Legioni Polacche guidate dal generale Jan Henryk Dąbrowski. Le relazioni instaurate durante l'epopea napoleonica tra ufficiali di varie nazionalità facilitarono in seguito i contatti tra le varie organizzazioni segrete. I polacchi intrecciarono tra l'altro rapporti con i Raggionanti milanesi, i Filadelfi francesi e i Carbonari di Napoli. Ai moti di Napoli prese parte anche un ufficiale polacco, Onufry Radoński (1790-1830), latore del progetto promosso dalla massoneria di Varsavia, ma mai realizzato, di creare una legione polacca forte di 4000 uomini a difesa della rivoluzione napoletana. Józef Grabiński (1771-1843), ufficiale nelle guerre russo-polacche del 1792 e del 1794, nel 1797 si arruolò a Milano nelle Legioni di Dąbrowski. Lasciò l'esercito nel 1808 e si stabilì nel bolognese. Scoppiati i moti di Romagna nel febbraio del 1831 accettò di presiedere il Comitato Militare di Guerra e si distinse nella difesa di Rimini, proteggendo la ritirata verso Ancona ordinata dal generale Zucchi. Il suo monumento funebre si trova nella Certosa di Bologna. Convinti che il futuro della propria patria fosse inscindibile dalla libertà degli altri popoli, numerosi polacchi presero parte ai moti risorgimentali in Italia tra i seguaci di Mazzini, di Garibaldi e nelle file dell'Esercito Sardo. Furono in contatto con Mazzini soprattutto gli esponenti dell’ala repubblicana dell’emigrazione, tra cui Joachim Lelewel. Il 15 aprile 1834, dopo la spedizione dei Savoia voluta da Mazzini, sorse su iniziativa di questi a Berna il Comitato Centrale della Giovane Europa, a cui aderirono i rappresentanti della Giovane Italia, della Giovane Polonia e della Giovane Germania, e in seguito della Giovane Svizzera, della Giovane Francia e della Giovane Spagna. “Ormai nulla può spezzare i rapporti che si sono formati tra la Polonia e l’Italia, la prima che si solleverà tenderà le braccia all’altra.” Così scrisse Giuseppe Mazzini a Joachim Lelewel a Berna il 21 febbraio 1835. Nel discorso di Giuseppe Mazzini alla Società Democratica Polacca, a Londra il 02 giugno 1853 si trova la seguente affermazione: “Adesso e sempre l’Italia e la Polonia sono sorelle, sorelle nelle sofferenze, nella meta e nella lotta che deve far giungere a questa meta.” Dopo i moti del 1833 a Torino, Chambery, Alessandria e Genova, Mazzini organizzò nel 1834 dalla Svizzera una spedizione armata in Savoia, composta da oltre duecento polacchi, novanta italiani e un centinaio di savoiardi, francesi e tedeschi, che fallì a causa degli errori del comandante, il generale Gerolamo Ramorino. Nel marzo 1848 Adam Mickiewicz, il maggior poeta romantico polacco, venne da Parigi a Roma per organizzare una Legione polacca e con essa raggiunse Milano il 1° maggio 1848. Qui al nucleo originario si unirono più di cento volontari che combatterono contro gli austriaci a Lonate. Dopo l’armistizio di Salasco, la Legione fu di stanza a Vercelli e poi si spostò in Toscana, mentre altri volontari affluirono dalla Francia via Marsiglia, Genova, Livorno. A Roma il 27 marzo 1848 Adam Mickiewicz pubblicò e diffuse nelle due lingue il “Simbolo politico polacco”, ovvero il manifesto delle sue Legioni, in cui gli ideali del cristianesimo si univano agli ideali di emancipazione per gli oppressi e di solidarietà tra le nazioni. Camillo Cavour, Discorso al Parlamento Subalpino del 28 ottobre 1848: “Il gran moto slavo ha ispirato il primo poeta del secolo, Adam Mickiewicz, e da questo fatto noi siamo indotti a riporre nelle sorti di quel popolo una fede intera. Perché la storia ci insegna che quando la Provvidenza ispira uno di quei geni sublimi, come Omero, Dante, Shakespeare o Mickiewicz, è questa una prova che i popoli in mezzo ai quali nascono sono chiamati ad alti destini.” Nel dicembre 1848 il governo insurrezionale siciliano invitò Ludwik Mierosławski ad assumere il comando delle truppe. Egli svolse tale compito fino alla fine dei moti nell’aprile del 1849 e sostenne l’assedio di Catania, dove fu ferito. In questo stesso anno oltre duecento soldati della Legione polacca presero parte alla difesa della Repubblica Romana. Complessivamente si stima che nei quindici mesi di permanenza in Italia circa cinquecento volontari polacchi abbiano combattuto nelle sue fila per la causa risorgimentale, mentre altri cinquecento siano stati aggregati ad unità italiane. Allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza nel 1859 molti esuli polacchi si dichiararono pronti a dare il loro contributo, ma il governo piemontese preferì non accettarlo per non inimicarsi la Russia e la Prussia. Furono invece accolti tra i volontari garibaldini e alcune decine si unirono ai Mille. “Italiani fratelli nostri! La causa italiana è la nostra causa. Gli emigrati polacchi ardono e chiedono di lottare per la libertà e per l’indipendenza dei popoli” così la Dichiarazione degli esuli polacchi a Parigi del 6 maggio 1859. Il generale Isenszmidt de Milbitz (1800-1883), esule a Parigi dal 1831, nel 1848 combatté con Garibaldi a Velletriesi e si distinse nella difesa della Repubblica Romana. Nel 1860 a Palermo fu nominato da Garibaldi comandante della 16° divisione ed ebbe un ruolo importante nella battaglia del Volturno. Nel 1862 fu nominato general-maggiore dell’esercito italiano e si stabilì a Torino. Grazie al sostegno di Garibaldi, per i giovani che erano affluiti in Italia nella speranza di arruolarsi nella legione polacca, nell’ottobre del 1861 fu aperta a Genova la Scuola militare polacca che dopo qualche mese fu trasferita a Cuneo. Inizialmente diretta da Mierosławski e quindi dal generale Józef Wysocki, la scuola fu chiusa a seguito delle pressioni russe nel luglio del 1862 “per evitare imbarazzi e difficoltà diplomatiche al governo ”, come scrisse il ministro Urbano Rattazzi al gen. Wysocki. Complessivamente frequentarono la Scuola circa duecento cadetti di cui la stragrande maggioranza prese parte all’insurrezione del 1863. L’insurrezione scoppiata in Polonia contro la Russia nel gennaio del 1863 destò espressioni di viva solidarietà nell’opinione pubblica italiana. Ebbero luogo varie manifestazioni e raccolte di fondi per l’acquisto di armi per gli insorti. Presero posizione a favore della causa polacca, oltre a Mazzini e Garibaldi, anche esponenti del governo e parlamentari. L’insurrezione si protrasse fino all’autunno del 1864. Dei duecentomila soldati che vi presero parte trentamila perirono e decine di migliaia furono deportati in Siberia. “Non un dono debbono gli Italiani alla Polonia ma il pagamento di un debito santo della fraternità e dell’amore”: nelle parole dei garibaldini bergamaschi è sintetizzato lo spirito che li spinse a recarsi a combattere in Polonia nel 1863, guidati dal colonnello Francesco Nullo (1826-1863). Patriota garibaldino, prese parte ai moti di Milano del 1848, alla difesa della Repubblica Romana, alla spedizione dei Mille del 1860. Nel 1863 decise di prender parte all’insurrezione polacca a capo di un drappello di volontari bergamaschi. Morì nella battaglia di Krzykawka, non lontano da Cracovia. Dei diciotto volontari bergamaschi della spedizione di Nullo, nove furono arrestati dalla polizia austriaca prima di raggiungere il confine con l’Impero russo, tre perirono nei combattimenti in Polonia, quattro furono condannati a 12 anni di lavori forzati e deportati in Siberia. All’insurrezione presero parte anche alcuni garibaldini di altre regioni, quali il triestino Ferdinando Vanon e il fiorentino Stanislao Bechi. Quest’ultimo fu condannato a morte dai russi. Il poeta e scultore Teofil Lenartowicz, esule a Firenze, per onorarne la memoria eseguì un bassorilievo, copia del quale si trova in Polonia a Włocławek. Volontari polacchi combatterono con Garibaldi anche nella terza guerra d’indipendenza (1866) e negli anni seguenti. Nel 1879 su iniziative del prof. Domenico Santagata sorse a Bologna l’Accademia Adam Mickiewicz di storia e letteratura polacca e slava, dove fino al 1885 tenne lezione il poeta Teofil Lenartowicz. Conseguito l’obiettivo dell’unità d’Italia, nell’opinione pubblica italiana calò però l’interesse verso la Polonia, che si mantenne costante in una ristretta cerchia di mazziniani e garibaldini. Si cercò anche di tenere viva la causa polacca diffondendo la conoscenza della sua cultura. Però è solo con la prima guerra mondiale e il mutato assetto politico europeo che si crearono condizioni favorevoli alla rinascita dello stato polacco e sorsero anche in Italia i Comitati Pro-Polonia. Nel 1980 a Danzica, in seguito agli scioperi nei cantieri navali, nasce il sindacato libero Solidarność. La brutale repressione, che subiscono i sindacalisti così come ampie fasce della società civile, dopo l’instaurazione della legge marziale nel 1981, suscitò aspre reazioni di protesta e manifestazioni di solidarietà in varie parti del mondo. In Italia il sostegno a Solidarność fu particolarmente vivo da parte dei sindacati e del mondo cattolico e si manifestò anche con l’invio di aiuti umanitari alla popolazione e di materiali per l’attività sindacale clandestina.