Italiani in terra polacca

Alla corte di Stanislao Augusto Poniatowski, illuminato sovrano amante della cultura e dell’arte sotto il cui regno entrò in vigore la prima costituzione moderna d’Europa (seconda al mondo dopo quella statunitense. Quella francese venne approvata solo il 3 settembre 1791, quattro mesi esatti dopo quella polacca), avevano servito e lavorato numerosi pittori e architetti italiani: Marcello Bacciarelli, Bernardo Bellotto e Domenico Merlini, per non citare che i più noti, ultimi epigoni di un flusso migratorio che a partire dal Cinquecento, al seguito di Bona Sforza, aveva varcato le Alpi prendendo la via di Cracovia e poi di Varsavia.

La moda non contagiò solo la corte reale, ma anche gli esponenti della nobiltà polacca educatisi presso le nostre università, come Padova e Bologna, che tornavano in patria con il proprio seguito di artisti, educatori e artigiani di fiducia: si pensi, per esempio, agli Zamoyski con Bernardo Morando – il progettista della città ideale rinascimentale di Zamosc, nell’Est della Polonia – o ai Leszczynski con Pompeo Ferrari nella Wielkopolska, la regione di Poznan.